Pensando al S. Natale

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Caro Gesù Bambino,

Ti scrivo per darti il benvenuto in quel giorno che ricorre ogni 25 dicembre nel festeggiare la tua nascita e il rinnovo della nostra fede in Te.

 

Avrei voluto scrivere parole di serenità, accoglierti in un mondo dove ciascuna casa, scuola, piazza, luogo di lavoro e di cura avesse un angolo occupato dal presepe.

Invece, arrivi in un mondo dove alcuni dei tuoi figli non hanno neppure una casa o l’hanno dovuta abbandonare sotto bombe fratricide.

La crisi alimentare è globale tanto che circa 300 milioni di persone non hanno accesso costante al cibo con pericoloso effetto domino.

Ma quello che più preoccupa è che la povertà destabilizza, esaspera, così rendendo violenti le persone già fragili.

Anche Tu, che sei nato uomo per stare tra gli uomini, vedi come stiamo moralmente degradando, come la povertà materiale sia causa di povertà morale.

La povertà non causa soltanto difficoltà quotidiane nel sedare i morsi della fame, ma anche incomprensione e violenza domestica, stress, dispersione scolastica che talora costringe ad un precoce matrimonio, favorisce il lavoro minorile e lo sfruttamento sessuale.

 

Caro Gesù Bambino non ti sto raccontando delle favelas brasiliane, delle periferie di città oppure del sud del mondo, ma penso all’umanità intera che dovrebbe trovare l’umiltà di chiedersi:

come si è persa la via del “buon vivere” che Papa Francesco, in occasione dell’evento “Economy of Francesco” 2022, spiega essere non “la dolce vita o passarla bene, no.

Il buon vivere è quella mistica che i popoli aborigeni ci insegnano di avere in rapporto con la terra.

Ed aggiunge:

C’è un urgente bisogno di ricostituire questo patrimonio spirituale essenziale.

La tecnica può fare molto; ci insegna il “cosa” e il “come” fare: ma non ci dice il “perché”; e così le nostre azioni diventano sterili e non riempiono la vita, neanche la vita economica.”

 

Infatti, troviamo il “perché” del degrado dentro noi stessi, disorientati da falsi bisogni. Cerchiamo il potere del denaro, il predominio strategico derivato da impeti bellicisti, nonostante gli esiti miopi, da comportamenti non costruttivi nel segno di quell’accoglienza che accompagnò la Tua nascita, glorificata dagli angeli e dai pastori. Scrisse l’Evangelista Luca.

“[…] i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono dunque senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia.

(Luca, 2, 15-16)

 

Gesù è nato in una mangiatoia, in latino praesepium, da cui presepe, da San Francesco rievocato nella notte di Natale del 1223 a Greccio con una rappresentazione vivente.

Quindici giorni prima del Santo Natale, Francesco chiamò un abitante di Greccio, di nome Giovanni, pregandolo di realizzare un suo desiderio:

Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”.

In queste parole troviamo non soltanto il significato universale del presepe, ma anche la risposta al “perché” dello smarrimento etico dell’umanità.

Non vediamo più la povertà dei nostri fratelli e non vediamo neppure la povertà etica in noi stessi che aspiriamo a primeggiare su palchi virtuali e insostenibili perché ovattati, da dove è impossibile ascoltare, opachi perchè è impossibile guardare l’altro da rispettare nella sua dignità.

 

Senza la stima, la cura, l’amore per i poveri, per ogni persona povera, per ogni persona fragile e vulnerabile, dal concepito nel grembo materno alla persona malata e con disabilità, all’anziano in difficoltà, non c’è “Economia di Francesco”.

 

Caro Gesù Bambino, quanto bisogno abbiamo di quel cielo stellato nella notte del Tuo Natale! Così potremmo ritrovare la luce nel buio che alberga dentro noi stessi e alimentato con scelte adottate senza usare i tre linguaggi:

Si pensa: la testa, il linguaggio del pensiero, ma non solo, unito al linguaggio del sentimento, del cuore. E non solo: unito al linguaggio delle mani.”

Così raccomanda Papa Francesco ai giovani per sovvertire l’economia dello scarto.

 

Caro Gesù Bambino sei la vita che si rinnova, aiutaci a riscoprire la bellezza del creato, nostra “casa comune”, ad essere ponti di pace e riconoscere il presepe come luogo di fratellanza universale.

 

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