
100 anni dalla fondazione della Basilica Antoniana.
15/10/2021
Immacolata Concezione
05/12/2021V Giornata Mondiale dei Poveri: 14 novembre 2021
La Mensa S. Antonio è ancora la “Caldaia del povero”
Dominga Carrubba
Quest’anno la Giornata Mondiale dei Poveri si celebrerà il 14 novembre, ormai giunta alla sua quinta edizione.
Ma quest’anno bisogna prendere atto di un’ulteriore piaga che lacera il tessuto sociale: la pandemia.
Nel Messaggio del Santo Padre Francesco di presentazione si legge:
«[…] Essa continua a bussare alle porte di milioni di persone e, quando non porta con sé la sofferenza e la morte, è comunque foriera di povertà. I poveri sono aumentati a dismisura e, purtroppo, lo saranno ancora nei prossimi mesi. Alcuni Paesi stanno subendo per la pandemia gravissime conseguenze, così che le persone più vulnerabili si trovano prive dei beni di prima necessità. Le lunghe file davanti alle mense per i poveri sono il segno tangibile di questo peggioramento […].»
La Mensa S. Antonio a Messina non si è fermata ai tempi del Covid-19.
Anche quando è stato emanato il DPCM dell’11 marzo 2020 che recitava “Io resto a casa”, estendendo la zona rossa a tutto il territorio nazionale per gli effetti epidemiologici da Covid-19, la Mensa di S. Antonio continuava ad essere la mensa per tutti.
Tutti abbiamo osservato e subito gli effetti di un lockdown necessitato dall’emergenza pandemica. Abbassate le saracinesche dei negozi, chiusi i cancelli delle scuole, sospese le attività ludico-ricreative, arrestata la frenesia e dilatato il tempo lungo le file ai punti di vendita dei prodotti e servizi essenziali. Era consentito uscire da casa soltanto per motivi di salute, lavoro e necessità, che sono rimaste tuttora le stesse circostanze laddove una zona si colorasse di rosso per l’emergenza epidemiologica dettata dalle temute statistiche. Mascherine e tamponi sono diventati gli oggetti del desiderio e il vaccino anti Covid-19 è diventato l’argomento più discusso. Ma non tutti possono permettersi di conteggiare le ore dopo le quali bisogna opportunamente cambiare la mascherina. Non tutti possono sottoporsi ad un tampone oppure porsi il problema di scegliere se effettuare il vaccino, perché hanno un problema imminente, quotidiano e necessario alla sopravvivenza: mangiare.
Ormai da quasi due anni si sente accostare al contagio da Covid-19 quello del contagio socio-economico. È affiorato gradualmente ed impietoso il virus della solitudine nell’affrontare la mancanza di liquidità.
Emergono i nuovi poveri tra professionisti, commercianti, ambulanti, lavoratori sommersi, impossibilitati ad improvvisare una paga che consenta di mettere insieme il pranzo con la cena.
Se i clochard sono l’emblema della disuguaglianza sociale, perché per definizione non hanno una casa dove cautelarsi e restare – come recitava il decreto – allora le saracinesche risollevate rappresentano la speranza per coloro i quali possono ancora sperare di riaprire la parentesi lavorativa.
In questo scenario la Mensa S. Antonio ha continuato ad essere la “Caldaia del povero”.
Infatti, la storia si ripete, seppure con scenari diversi.
Ci troviamo in via Ghibellina, laddove inizia verso la fine del 1877 l’apostolato di Padre Annibale, nell’antico Quartiere Avignone.
Sant’Annibale Maria di Francia, apostolo della preghiera per le vocazioni, raccontava:
«Nella città di Messina esisteva da molti anni un ampio assembramento di catapecchie fabbricato allo scopo di albergarvi poveri. […]
Vi era, in ogni catapecchia, ridotta per lo più peggio che una stalla, una famiglia di poveri […] Parecchie malattie affliggevano […] vi si offriva la fame con tutti i disagi dell’estrema povertà […] Maggiori erano i mali morali […] Nessuno osava mettere piede in quel luogo di tanto abbominio».
Eppure Padre Annibale riconobbe nelle case di Avignone il percorso della carità pastorale, e nel cieco Zancone il primo componente della famiglia dei poveri antoniani.
Ai tempi del Covid-19 la Mensa S. Antonio è aperta ai poveri di sempre e ai nuovi poveri, derivati dalla pandemia. Non è mai stato interrotto l’asporto né la consegna dei pasti presso le case dei poveri in difficoltà nel consumare il pasto in mensa, oppure a coloro i quali trovino casa per strada. La missione della Mensa S. Antonio prosegue in uno scenario di povertà che rispetto all’epoca di Padre Annibale è diversa in dimensione, perché nel Terzo Millennio la povertà può interessare qualunque estrazione sociale, espandendosi nel mondo senza limitarsi a fazzoletti di terra come poteva essere il quartiere Avignone.
Ma la povertà, come nell’800 così nell’era digitale, mantiene il volto dell’indigenza e dell’emarginazione.
a casa du Pathri ‘i Francia, – unni, cu’ arriva, s’assetta e mancia
Anche oggi la Mensa S. Antonio si adopera per assicurare un posto a chiunque arrivi per mangiare.
I Padri Rogazionisti proseguono l’attività della “Caldaia del povero” confidando nella Provvidenza invocata dal Santo del Rogate per l’aiuto divino. Quel Santo che ancora giovane Canonico, una volta concluso il pranzo degli orfani, distribuiva minestra e pane ai bisognosi che si presentavano alle porte dell’Orfanotrofio. E presto iniziò ad elargire anche piccole somme di denaro ai più indigenti, annotandole in particolari libretti.
Forse che il Santuario S. Antonio non sia tuttora il rifugio dei poveri?
Forse che i più indigenti non chiedono un posto a sedere in mensa, immaginandola come la propria casa?
Forse che i più bisognosi non chiedono tuttora un piccolo aiuto economico per le spese indifferibili, come l’acquisto di farmaci o il pagamento di una bolletta?
Nulla è cambiato, tutto si ripete.
La Provvidenza divina ha come strumenti il servizio di volontariato, le donazioni economiche dei benefattori e gli alimenti elargiti dai negozianti.
Rogate ergo dominum messis. Rogate ergo Dominum messis, ut mittat operarios in messem suam.
Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe. (Lc 10,2)
Tutti possiamo essere o diventare strumenti della Provvidenza.